Dal marzo 2021 è visibile sulla piattaforma Netflix il documentario “Seaspiracy: esiste la pesca sostenibile?”, del regista inglese Ali Tabrizi. A fronte di un successo annunciato, le reazioni non si sono fatte attendere e hanno portato alla costituzione di due schieramenti poco inclini al dialogo: chi mette in discussione la veridicità dei dati forniti da Tabrizi e chi invece, colpito da immagini decisamente forti, non si cura più di tanto della scientificità dei numeri presentati dal giovane regista e si limita a constatare un fatto che, peraltro, mette tutti d’accordo: gli oceani stanno morendo e il colpevole è l’uomo.
La pesca commerciale devasta gli oceani
Senza entrare nel merito delle accese discussioni innescate dal documentario – in Rete potete trovare tutto e il contrario di tutto –, il lavoro di Tabrizi pone l’accento su questioni drammatiche e che, al netto delle polemiche, evidenziano chiaramente come la pesca commerciale abbia un impatto devastante sull’inquinamento ambientale e sulla fauna ittica, depredata e sterminata in modo indiscriminato e del tutto folle.
Guardatelo per saperne di più
Sebbene l’impalcatura del documentario ogni tanto sembri non reggere, consigliamo vivamente la visione di Seaspiracy. Non c’è niente di romantico nella pesca, e il massacro quotidiano di milioni di pesci – buona parte dei quali scartati poiché non commestibili – testimonia la follia suicida dell’essere umano, nonché la sua cattiveria motivata esclusivamente dal profitto. La morte annunciata degli oceani avrà inevitabili conseguenze sulla sopravvivenza dell’intero pianeta. Quando ce ne renderemo conto e prenderemo provvedimenti sarà troppo tardi.